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Sovranità limitata, ormai ci siamo abituati: “la democrazia richiede troppo tempo”

Ci stiamo abituando a vivere in un contesto a sovranità limitata dove quello che decidiamo attraverso le elezioni, i referendum, l'attività parlamentare e, più in generale, la vita politica, non conta più nulla. La democrazia è superata da dinamiche e decisioni che vengono prese sopra le nostre teste


16 Maggio 2014Rubriche > "Polis" Critica Politica

elezioniQuello che davvero dovrebbe farci riflettere non è tanto la rivelazione dell’ex segretario al Tesoro USA Tim Geithner, secondo il quale nel 2011 alcuni funzionari europei lo avrebbero contattato per coinvolgere gli Stai Uniti in un ricatto finanziario ai danni del governo Berlusconi; quello che davvero dovrebbe preoccuparci, e indurci a meditare su noi stessi, è l’atteggiamento di supponente indifferenza con cui una buona parte dell’opinione pubblica reagisce alla notizia. Il problema non è un complotto che si presume sia stato tentato: perché si sa per certo che, nel caso, non riuscì. Il problema è che ci stiamo abituando a vivere in un contesto a sovranità limitata; dove quello che decidiamo attraverso le elezioni, i referendum, l’attività parlamentare e, più in generale, la vita politica, non conta più nulla, essendo ormai superato da dinamiche e decisioni che vengono prese sopra le nostre teste in contesti elitari extra-nazionali.

L’assuefazione a questo stato di cose si percepisce nelle placide ammissioni di molti illustri commentatori, da Stefano Folli del Sole 24 Ore a Stefano Feltri de Il Fatto Quotidiano. Scrive ad esempio quest’ultimo: “L’unica certezza è che di sicuro Washington, Berlino, Londra, Parigi e Bruxelles volevano Berlusconi lontano dal potere. E quando volontà così forti vanno tutte nella stessa direzione non c’è bisogno di un complotto di incappucciati perché certe cose succedano”. Non si accorge Feltri che un conto è ammettere la verità, ossia che dietro le quinte le ingerenze straniere, soprattutto da parte di nazioni potenti, ci sono sempre state; un altro conto è accettarle con una scrollata di spalle, come se non fosse un fatto allarmante che i nostri leader politici vengono scelti dall’esterno (come nei paesi del terzo mondo). Per fare un paragone sarebbe un po’ come filosofeggiare sulla propensione all’omicidio dell’animo umano mentre si viene accoltellati. E c’è di peggio.

C’è David Parenzo, che addirittura “brama” un’invasione tedesca; e poi c’è Stefano Menichini, che non è molto conosciuto, ma è il direttore di Europa, quotidiano del Partito Democratico. Questo illustre esponente della carta stampata, alla notizia delle rivelazioni di Geithner, ha twittato giulivo: “Dunque c’è stata un’operazione internazionale per far fuori Berlusconi dal governo? Lo davo per scontato e hanno fatto benissimo“. E aggiunge: “Hanno risolto a modo loro un problema che noi (tutti) non riuscivamo a risolvere da soli“.

Sono convinto che molti, in fondo in fondo, la pensano come questi insigni giornalisti: “La democrazia andrebbe rispettata, non c’è dubbio. Ma tutto sommato non si può sempre essere formalmente corretti: non si può andare sempre per il sottile. A volte ci sono delle emergenze e la democrazia richiede troppo tempo…“. Sulla base di questo ragionamento, dunque, tutto sommato ci è andata bene, se nell’UE, nel G20 o nel G7 qualcuno è riuscito a cacciare via Berlusconi. Il Cavaliere non era forse inaffidabile, in rotta di collisione col ministro dell’economia Tremonti, incapace di presentare un piano serio di riforme e azzoppato dagli scandali sessuali? E non è forse vero che il suo successore, Monti, era ben più competente, sobrio e apprezzato da tutti?

È tutto vero. Anzi, andiamo oltre: ammettiamo pure che Berlusconi sia stato un leader populista interessato esclusivamente ai propri interessi; e che abbia conquistato il potere solo sfruttando la crisi della classe dirigente italiana e avvalendosi di una concentrazione di potere mediatico abnorme. Ciononostante, pur con tutti i suoi difetti, non ho alcuna difficoltà a dire che se dovessi scegliere tra Silvio Berlusconi e Mario Monti, sceglierei il primo; e questo solo per una qualità essenziale che l’ex-commissario europeo non aveva: quella di essere stato eletto.

Esiste una correlazione diretta tra il modo antidemocratico con cui Monti è andato al potere e i problemi in cui ci troviamo. Il punto è che la democrazia non ha a che fare con la Verità: la democrazia ha a che fare con gli interessi. Chiediamoci: perché in democrazia votano tutti? Non certo perché occorre fare un calcolo statistico; bensì perché si riconosce che ognuno è il miglior giudice di ciò che gli conviene. In altri termini, nessuno può arrogarsi il diritto di dire al posto nostro quello che è nel nostro interesse. E perché è meglio non delegare questa scelta? Perché l’esperienza suggerisce che quando facciamo decidere agli altri, questi tendono a sottovalutare i costi e a sopravvalutare i benefici: ossia, come ci ricorda Enrique Balbontin, “son tutti bulicci col culo degli altri”.

Da questo punto di vista non c’è molta differenza tra le teocrazie dell’antichità, dove per governare occorreva accreditarsi come autorità religiosa, e la tecnocrazia europea, dove per governare  occorre accreditarsi come autorità tecnico-economica: in entrambi i casi il potere si giustifica col possesso di un sapere e non, come dovrebbe essere, a partire dal riconoscimento reciproco di interessi specifici. Non importa quanto sia “avanzato” o “progredito” un certo sapere: chi ha il potere politico finirà frequentemente per usare ogni sapere a proprio vantaggio; e anzi farà tanti più danni quanto più questo sapere gli riconoscerà un vantaggio oggettivo. Ecco perché il potere, da Montesquieu in avanti, si divide; ed ecco perché al sapere tecnico-scientifico, almeno da Platone in avanti, si demanda al più una funzione di consulenza, ma non la decisione politica.

Monti, non essendo stato eletto da nessun italiano, e dovendo anzi la sua carica al consenso ottenuto nei palazzi di Bruxelles, ha fatto ovviamente quello che era nell’interesse di Bruxelles (ossia della Germania) e non nel nostro. Berlusconi, che invece era stato eletto, e che dunque per farsi gli affari suoi aveva bisogno di voti, non avrebbe mai potuto presentarsi ai suoi elettori con una lista di tagli e sacrifici che gli italiani non avrebbero capito. E oggi i dati ci dimostrano che gli italiani avrebbero avuto ragione: l’austerità è in effetti incomprensibile e controproducente, tanto che tutti i partiti politici in questo momento la rinnegano.

Oggi sappiamo anche che il fatto che il Parlamento abbia appoggiato il governo Monti non valse a conferirgli legittimità democratica. Quel Parlamento, infatti, fu eletto con il porcellum, poi bocciato dalla Consulta perché anticostituzionale. E anche questa non è una questione formale: se devo la mia elezione ai vertici del partito che mi hanno inserito in liste bloccate, starò attento a non scontentare questi vertici; mentre se mi avessero eletto i cittadini con le preferenze, mi preoccuperei di più del parere degli elettori.

Insomma, tout se tient. È l’anti-democraticità del sistema che ha prodotto i danni attuali, non il metodo parlamentare e la concertazione. Ricordiamoci dunque, quando sentiamo trattare la questione democratica con sufficienza, che non si tratta affatto di un problema formale: se c’è scarsa democrazia, vuole dire che qualcuno ci sta facendo fare quello che viene comodo a lui e non a noi.

P.S.

Il Partito Democratico, visto che difende metodi antidemocratici, vuole farci almeno la cortesia, in vista delle prossime elezioni, di cambiare il suo nome in quello di “Partito Eurocratico”? Grazie.

 

Andrea Giannini


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1 commenti su “Sovranità limitata, ormai ci siamo abituati: “la democrazia richiede troppo tempo””

  1. pierluigi 18 Maggio 2014 at 09:03

    Credo che la disaffezione all’attività democratica da parte di molti cittadini, derivi fondamentalmente da mancanza di formazione culturale e scolastica dei nostri tempi. Ricordo che alle medie una materia interessante ma molto sottovalutata era Educazione Civica. Ci insegnava la composizione del nostro Stato le funzioni dei suoi organi e implicitamente o meno ci dava anche un indirizzo etico, un “rispetto delle istituzioni” come si sente dire spesso nei Tg ma di cui la maggior parte degli ascoltatori nn capisce il vero significato. Un cittadino correttamente informato è un cittadino consapevole, che apprezza il bene pubblico . Purtoppo i media sembra che facciano a gara nel portarci nel buio della disinformazione. Facciamo l’esempio del Governo: quante volte sentiamo “il Governo ha deciso questo provvedimento…..” e dimentichiamo che la nostra è una Repubblica Parlamentare dove è sovrano il Parlamento , dove il Governo “esegue” quanto deciso in Camera e Senato.
    Trovo che sarebbe interessante per un giornalista qualificato come lei la sfida di far “conoscere” ai suoi lettori i reali meccanismi del nostro sistema decisionale. Una sfida per far crescere nuovi Cittadini consapevoli quindi primi difensori della Democrazia.
    Grazie per lo spazio concesso.

    Pierluigi
    Genova.

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