Mentre Berlusconi porta avanti il suo show, Bersani e Monti guardano all'alleanza senza fare troppo rumore. Oltre al Movimento 5 Stelle, anche Ingroia e il partito Comunista si mostrano "euro scettici"
Quando la settimana scorsa ho scritto che non c’è nessun partito che dica chiaramente che bisogna uscire dall’euro, naturalmente ho tenuto fuori delle eccezioni, alcune anche vistose. Marco Traverso di CSP-Partito Comunista mi scrive per farmi giustamente notare che l’uscita dalla moneta unica fa parte del loro programma. Ma il grande pubblico avrà una familiarità certo maggiore con le sparate del Cavaliere, in pieno orgasmo elettorale: “o la culona si adegua, oppure noi ce ne andiamo”.
Ora, questa inedita convergenza di vedute tra comunisti e Berlusconi merita qualche spiegazione. Con rispetto parlando per le idee di ciascuno, è chiaro che, a conti fatti con la realtà, i partiti cosiddetti “minori” non saranno mai chiamati a mettere in pratica i loro programmi: quindi possono dire quello che ritengono più giusto, senza preoccupare nessuno o spaventare i mercati. Questo significa salvaguardare la coerenza ideologica: che poi, per un partito di sinistra, è semplicemente dire cose di sinistra. Certo, in un paese in cui queste stesse cose di sinistra le dice anche Berlusconi, è normale che l’elettorato sia un tantino confuso: ma il motivo è piuttosto semplice.
Il Cavaliere non è mai stato un purista – lo sappiamo –, né pretende che il suo elettorato lo sia: se dice una cosa, è solo perché intuisce che ha delle potenzialità che non sono sfruttate da altri; con una metafora calcistica possiamo dire che, se vede il corridoio libero, ci si infila. Così fu, ad esempio, per la propaganda anti-tasse: mentre gli altri cincischiavano, lui ne fece una bandiera politica, senza farsi scrupoli persino di strizzare l’occhio all’evasione. Eppure entrambe le idee (abbassare le tasse e uscire dall’euro) non sarebbero mai entrate nelle agende elettorali di Berlusconi, se il Cavaliere non vedesse in esse qualcosa di sensato.
E al di là di certi eccessi, in effetti, qualcosa di sensato c’è. Sull’euro ho già detto tutto; per il resto, è notorio che in Italia la pressione fiscale, per chi le tasse le paga, è praticamente la più alta al mondo, con una qualità dei servizi che all’opposto continua a deteriorarsi. I problemi concreti, dunque, ci sono. E’ pur vero che Berlusconi non li ha mai risolti, né mai li risolverà. Ma se la sinistra in tutti questi anni si fosse abbassata a prenderli in considerazione, anziché pretendere di governare semplicemente per una pretesa superiorità morale e ideologica, di Berlusconi avremmo smesso di parlare tempo addietro.
C’è poi un altro partito che si è dimostrato euro-scettico, anche se nessuno se n’è accorto: Rivoluzione Civile di Ingroia, che oltre alla lotta a corruzione, evasione e mafie, ha ribadito anche la necessità di rifiutare i trattati di austerità europei (fiscal compact e six-pack). Un altro esponente, Vladimiro Giacché, ha praticamente detto – parafraso – che non saremo noi ad uscire dall’euro, perché sarà l’euro ad uscire per primo da noi. Ora, è solo a partire da questo snodo cruciale che possiamo valutare la polemica sul voto utile.
Bersani è liberissimo di rifiutare l’alleanza con Ingroia per correre fra le braccia di Monti: fa anzi una scelta di campo molto chiara a favore di chi vuole rispettare gli impegni europei e contro chi li critica radicalmente. Ma non può lamentarsi, se questo ultimo non lo lascia vincere. Per Ingroia, Monti è anche peggio di Berlusconi: perché dunque, per contrastare Berlusconi, dovrebbe dare spazio a chi vuole allearsi con Monti? E’ chiaro, insomma, che non ci sono i presupposti per discutere di “voto utile”: anzi, nella prospettiva di Rivoluzione Civile, il voto per un PD alleato con Monti è un voto inutile e dannoso.
Sottolineo infine che, come avevo scritto già a dicembre, Monti mira sempre più chiaramente a costruire una maggioranza parlamentare disposta a sostenere le misure imposte dall’Europa. Quindi insegue l’alleanza con il PD, ma è attento anche a rimarcare le distanze per non confondersi troppo con esso e non perdere voti lui stesso: è in quest’ottica che vanno considerati gli attacchi a Vendola. La scommessa è tanto ambiziosa quanto rischiosa: e il banco è sempre a rischio di saltare.
Andrea Giannini