È possibile presentare richiesta danni da inviare all'ente proprietario della strada entro cinque anni dall'incidente con una fotografia e una testimonianza di persone che hanno assistito all'accaduto
Nella vita sia sa, ci sono buchi per nascondersi, buchi neri e campi da golf… Purtroppo ci sono anche le buche per strada, le nostre strade che di liscio non hanno nulla. In queste buche si può cadere, ci si può fare male; si cade a piedi, si cade in moto, si bucano gomme… Queste buche a volte sono voragini ed evitarle è facile, basta la dovuta attenzione; talvolta però sono invisibili, addirittura avvallamenti impercettibili che però possono mettere a repentaglio la vita dei cittadini.
Stiamo parlando delle insidie – trabocchetti. Si parla di questo quando un soggetto, pur adoperando l’ordinaria diligenza, pur prestando la dovuta cautela, cade a causa di una buca “invisibile” e si fa male… Tante persone mi chiedono come possono fare per ottenere un adeguato risarcimento.
Ecco un piccolo vademecum:
– La richiesta danni va inviata al proprietario della strada (Comune, Provincia o Stato presso il Ministero dei trasporti) entro cinque anni dalla data dell’incidente.
– Il danno va provato con testimonianze di persone che hanno assistito all’evento e con fotografie dell’insidia – trabocchetto che ha causato la nostra caduta; è sempre meglio chiamare sul posto la Pubblica Autorità che possa verbalizzare l’accaduto.
Da ultimo, rammento una piccola distinzione di mero diritto: si possono richiedere i danni ai sensi dell’art. 2043 del Codice civile (responsabilità extracontrattuale) o ai sensi dell’art. 2015 del Codice civile (responsabilità da cosa in custodia).
La giurisprudenza ultimamente propende per la seconda via, anche se nutro qualche dubbio sul fatto che il proprietario di un bene (la strada) possa essere considerato custode della stessa: un doppione apparentemente inutile.
E, comunque sia, non camminate con la testa fra le nuvole, ma guardate dove mettete i piedi; d’altronde si sa, tutti vaghiamo in un campo minato che si chiama vita…
Alberto Burrometo
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