I numeri aggiornati del sistema di accoglienza genovese per i profughi. Presenze triplicate rispetto all'anno scorso, ma nessuno criticità di rilievo. Tursi chiede più coordinamento con prefettura e governo, mentre si prepara per il prossimo bando Sprar
Il capoluogo ligure è in prima fila per quanto riguarda l’accoglienza dei migranti, in fuga da guerre e miseria: la frontiera con la Francia è vicina e, prima di Ventimiglia, quella genovese è una “piazza” di passaggio e sosta tra le principali per chi attraversa il nostro paese nel tentativo di raggiungere altri lidi europei.
Il flusso migratorio non può più essere considerato un’emergenza poiché da anni è strutturale al contesto geopolitico in cui l’Italia è immersa. Per questo, Genova e i Comuni dell’area metropolitana, stanno cercando di mettere a punto la macchina dell’accoglienza, per poter sostenere in maniera non più emergenziale la situazione e, soprattutto, per tamponare quelle che potrebbero essere le criticità di questi inserimenti, sia per chi accoglie, sia per chi viene accolto.
Ad oggi nell’area metropolitana sono circa 2000 i migranti ospitati, di cui 1624 nel solo territorio del Comune di Genova. Una cifra che fa arrivare la percentuale di presenze su popolazione a sfiorare la soglia dello 0,3%. Un anno fa le persone ospitate erano complessivamente 651.
Il Comune di Genova aderisce al progetto Sprar (Sistema di Protezione dei Richiedenti Asilo e Rifugiati) con diverse strutture e appartamenti, distribuiti sul territorio comunale e attrezzati per accogliere i migranti. Ad oggi sono circa 280 le persone ospitate nell’ambito di questo progetto, che prevede, oltre all’ospitalità assistenziale e l’inserimento nel sistema sanitario nazionale, una serie di progetti educativi finalizzati a fornire conoscenze varie (linguistiche, culturali e legali), fondamentali per l’integrazione. In queste strutture sono ospitate le persone in attesa dell’esito della richiesta di asilo e dello status di rifugiato. Le risorse per questo progetto arrivano direttamente dal ministero dell’Interno, eliminando ogni onere finanziario a carico del Comune. Per ogni rifugiato sono corrisposti 40 euro al giorno, così suddivisi: 12,80 euro per il vitto, assistenza medica e scolarizzazione; 16,20 euro coprire i costi del personale coinvolto; 7,8 euro per la manutenzione e pulizia della struttura ospitante; 3,2 euro per le spese di integrazione, assistenza legale e psicologica. Al migrante vengono corrisposti 2,5 euro al giorno di pocket money, il contante a disposizione per le piccole spese.
La prefettura si occupa di gestire i rimanenti profughi, quindi la maggioranza, allestendo i Centri di Accoglienza Straordinaria (C.a.s.): ad oggi 1720 persone sono ospitate in strutture scelte dal prefetto e finanziate sempre dal ministero dell’Interno. Da notare che, per legge, gli appartamenti di Edilizia Residenziale Pubblica sono esclusi da questo sistema: le strutture e le abitazioni utilizzate sono messe a disposizione da Comune o privati, ma non sono tolte da quelle in lista per le assegnazioni popolari.
La mappatura della situazione, ovviamente, non può tenere conto di tutte quelle persone che sono fuori dal sistema di accoglienza. Ad oggi, però, non sono state registrate, da parte della Questura, particolari criticità a riguardo. In questi mesi, alcuni problemi sono emersi, legati soprattutto all’ubicazione scelta per alcune strutture: il centro di via Caffaro, per esempio, ha registrato qualche perplessità tra gli abitanti della zona, ma nei fatti non si è mai verificato nessun episodio da attenzione. Ad oggi ospita circa 80 ragazzi, è inserito nel progetto Sprar e, dopo gli adeguamenti strutturali richiesti dai residenti della zona, rimarrà attivo sicuramente fino al nuovo anno, quando scadrà il bando triennale del progetto. Il centro C.a.s attualmente attivo nei locali della Fiera del Mare, invece, chiuderà il 31 agosto, ma ancora non è stata individuata una possibile area per ricollocare i profughi.
Secondo Alexandra Benvenuti, direttrice del Centro collettivo di via Caffaro, presente all’ultima seduta della Commissione Comunale convocata sull’argomento, il vero problema sta nel dopo: «In Italia si lavora in emergenza, quando il contesto legato ai flussi migratori è oramai strutturale da anni. Le persone sono ospitate nei centri in attesa di ottenere l’asilo o lo status di rifugiato ma se la risposta è negativa perdono il diritto di essere accolti in queste strutture, finendo per alimentare la nascita di insediamenti informali e la non integrazione». Un’altra criticità è che spesso all’interno dei Cas non sono previste attività formative dedicate ai migranti, che restano quindi abbandonati a loro stessi durante il giorno.
Durante l’ultima seduta della Commisione sulle Pari opportunità, l’assessore alle politiche sociosanitarie e della casa, Emanuela Fracassi, ha assicurato che a settembre verrà richiesta la presenza in Sala Rossa del prefetto per chiarire quelle che saranno le disposizioni per i mesi successivi e cercare di coordinare meglio gli enti interessati, soprattutto per la scelta dei luoghi dell’accoglienza. L’assessore, inoltre, ha riportato in aula la decisione dell’Anci di chiedere al governo di inserire nel prossimo bando Sprar, atteso per gennaio 2017, la distribuzione dei migranti su base comunale, con una soglia massima del 0,3%, alla quale Genova è già vicinissima. Tursi, inoltre, sta attivando con i Municipi una serie di attività di volontariato che possano coinvolgere anche i migranti, vista la valutazione positiva fatta delle prime esperienze del genere dei mesi scorsi.
Genova, quindi, può dirsi una città accogliente: i numeri, tutto sommato abbastanza contenuti del fenomeno, non hanno creato criticità particolari, soprattutto nel tessuto sociale della comunità cittadina. La situazione, ovviamente, è in continua evoluzione: a livello nazionale la gestione migranti è tema di scontro politico e, spesso, ritardi e inefficienze del sistema sono legati più a equilibrismi partitici che a reali problemi logistici o organizzativi. I prossimi mesi saranno cruciali per capire se il governo sosterrà i Comuni nello schema dell’ospitalità diffusa, fornendo le risorse necessarie a garantire dignità, salute e integrazione a migliaia di persone in fuga da guerre e miseria.
Nicola Giordanella