Al Teatro della Corte, fino al 15 gennaio, "Quei Due", con l'umanità dolente di Charlie ed Henry, in bilico tra essere se stessi e accettazione sociale
Charles Dyer (G.B. 1928), attore ed autore, scrive soprattutto sul tema della solitudine e delle maniere di affrontarla: famosa la sua “Trilogia della Solitudine”, composta da tre commedie a due personaggi. “Mother Adam”, un rapporto fra una madre possessiva e suo figlio, “ Rattle of a simple man”, la storia di un uomo che si avvicina ai quarant’anni ancora vergine, e “Staircase” ovvero “Il Sottoscala” (titolo originario di “Quei due”), una delle prime commedie che rappresenta con umana partecipazione il tema dell’omosessualità.
Due attori, che sentiamo molto “nostri”, si misurano spalleggiandosi nei non facili panni dei partners omosessuali, e si propongono al pubblico in un testo garbato che si snoda tra tante divertenti trovate di vita quotidiana: entrambi ci offrono tutta la loro esperienza di scafati padroni della scena, Massimo Dapporto, nei panni del più tosto e “macho”, e Tullio Solenghi, più femmineo e sottomesso, interpretato sempre strizzando l’occhio all’esperienza cabarettistica. Il pubblico è colpito in pieno dalla credibilità ed umanità dei personaggi sbozzati dai due interpreti: per dirla con le loro stesse parole «nessuno meglio di un eterosessuale può interpretare un omosessuale».
In un giorno di riposo due barbieri si occupano del reciproco benessere estetico, non senza incollare un orecchio malevolo alla parete che rivela la spensierata vita sessuale della vicina. Charlie si è lasciato alle spalle un passato di vita “normale”, con una moglie (e una figlia, che sta per rivedere), alla quale ripensa con un mix di odio/amore: apparentemente non è del tutto convinto del suo rapporto con Henry, che infatti accusa di averlo sedotto in un negozio di pasticceria, complici due bignè, e che tradisce appena può, senza pentimenti. In realtà Charlie non perdona all’amico di essersi lasciato travolgere in un rapporto non in linea con il consenso sociale, con il quale è stato ed è tuttora pesantemente costretto a confrontarsi. Henry invece interpreta in pieno la parte femminea della coppia, da ultimo anche nel fisico che tende ad arrotondarsi, nella golosità, nei sentimenti e negli atteggiamenti:è infatti lui quello costantemente insicuro, che teme di essere lasciato.
La condizione omosex è vissuta dai due con la stessa consapevolezza di essere “fuori” e con identica rassegnazione al ruolo di esclusi, solo in parte dovuta ai tempi, siamo negli anni sessanta, e comunque bene al di fuori di quell’orgoglioso “pride” che pare caratterizzare i tempi attuali.
Indovinata la colonna sonora, che ci porge, fra l’altro, un sorprendente e gustoso pezzo del “Barbiere di Siviglia”, offertoci da un Dapporto in piena forma vocale.
Elisa Prato
+ “Quei due” di Charles Dyer, al Teatro della Corte fino al 15 gennaio
Una produzione Star Dust Show Productions, regia di Roberto Valerio, con Massimo Dapporto e Tulio Solenghi.